L'albero di ferro by Cecilia Dart Thornton

L'albero di ferro by Cecilia Dart Thornton

autore:Cecilia Dart Thornton [Thornton, Cecilia Dart]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: fantasy, leggere, copertina
pubblicato: 2003-12-31T23:00:00+00:00


Sette giorni dopo, Teague A'Connacht oltrepassò l'oscuro filare di pini del confine. Stava cavalcando sulle terre di Strane quando si trovò dinanzi a un recinto, chiuso tra alberi di nocciolo. Le foglie avevano assunto un colore di rame bruciato e le nocciole pendevano in mazzetti spinosi. In un circolo di pietre crepitava un fuoco, da cui si alzavano sbuffi di fumo nero. Sotto i curvi rami di un albero, un mandriano stava rifornendo le mangiatoie del bellissimo branco di cavalli chiusi nel recinto.

«Buon pomeriggio, brav'uomo», disse cordialmente Teague. «Puoi dirmi da che parte si va per il castello di Strang?»

Il mandriano lo guardò senza nessun interesse. «No, non lo so», rispose. «Ma più avanti troverete un bovaro e forse lui saprà dirvelo.»

Teague osservò l'individuo, che si occupava pazientemente delle sue bestie. Notò il giubbotto liso e rammendato, i calzoni sporchi, i fili d'erba nella barba e nei capelli. E dopo averlo guardato bene estrasse la spada Búistéir e gli mozzò la testa di netto, perché le parole del Signore della Tempesta echeggiavano ancora nella sua mente: Colui che vuole avere successo dovrà uccidere ogni persona che incontra dopo il suo ingresso nelle terre di Strang.

Mentre rotolava al suolo, la testa del mandriano si disintegrò in un vortice di nebbia e subito dopo il resto del corpo subì la stessa sorte. Quando quel vapore si dissipò, non restava più niente.

«Ah!» esclamò Teague soddisfatto, rinfoderando la spada. «Uno spione di meno. Ora non può più correre ad avvertire il suo padrone!»

Nel circolo di pietre il fuoco si spense.

Teague proseguì fino alla radura dove lavorava il bovaro. Gli fece la stessa domanda e, dopo aver ricevuto la risposta, lo trattò nello stesso modo. Anche lì, dopo la decapitazione, i resti dell'individuo svanirono in fumo come quelli del mandriano. Teague ripulì Búistéir e la agitò nell'aria; la lama scintillante mandò bagliori sotto i raggi del sole. «L'acciaio è forte e taglia bene, questo è certo!» esclamò trionfante, e volse le spalle al bestiame e al mucchio di cenere che poco prima era stato un fuoco di ginepro verde.

Eliminò i tre successivi bifolchi nello stesso modo; ammazzarli con quella facilità gli diede soddisfazione. Poi trovò la vecchia serva che si occupava delle galline.

«Brava donna», disse Teague, quando fu sceso di sella per scaldarsi le mani al suo fuoco, mentre le galline starnazzavano intorno a loro. «Sai dirmi dove si trova il castello di Strang?» Ma intanto si era rabbuiato, perché non aveva mai colpito una donna. Esitò, pur sapendo che non si trattava di un essere umano bensì di un simulacro, una cosa che non esisteva, creata dallo stregone con un incantesimo o coi foschi poteri del gramarye.

«Proseguite da questa parte, fino in cima a quel colle. Poi vedrete il castello», borbottò la vecchia.

Avvertendo l'indecisione del padrone, il cavallo di Teague si agitò e scalpitò innervosito.

Per ritardare il momento, il ragazzo chiese ancora: «Brava donna, quando giungerò al castello, come farò a entrare?»

La serva rispose: «Girategli intorno tre volte. E ogni volta gridate: 'Apriti, porta! Apriti, porta! E lasciami entrare!' La terza volta, la porta si aprirà e voi potrete varcarla».



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